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ccliv

introduzione


gruppo d’una famiglia concordi con la lezione data generalmente dai codici dell’altra: questa comune lezione, salvo eccezioni, deve risalire al capostipite delle due tradizioni. Ho detto 'salvo eccezioni', perchè talvolta il testo par che si presti, anzi dia la spinta, a un dato mutamento; e in tal caso la voce non comune, la costruzione sforzata o in apparenza meno logica, la frase che contiene qualche parola che è o sembri superflua o ingombrante, può esser preferita anche quando sia conservata da un solo gruppo dell’una o dell’altra famiglia, essendo più ammissibile, se ovvio, lo stesso mutamento, o la stessa omissione, da parte di due copisti di famiglie diverse che non un qualche cambiamento o aggiunta da parte di quello che ha la lezione più difficile. Ma, ripeto, son casi eccezionali, e richiedono molta considerazione.

A valersi convenientemente delle testimonianze dei vari gruppi gioverà aver presente l’indole dei capostipiti di essi, o almeno dei più importanti manoscritti di ciascuno.

Il trascrittore (o trascrittori che siano) della tradizione che abbiam detto k non appar molto intelligente, perchè riproduce, come mostra il riscontro di b (cfr. p. cxc), errori manifesti e fin gruppi di parole senza senso (XXV 9 remo. lo modo), e introduce egli stesso altri errori palesi. Di una tradizione tale non è da diffidare; ci lascerà nell’imbroglio, ma non ci trarrà in inganno, e molte volte l’errore materiale varrà per noi come la testimonianza esatta. Vi sono, è vero, anche mutamenti arbitrarii, ma sono del genere di quelli che sogliono fare i copisti di mestiere, sia perchè si valgono assai più della memoria che dell'occhio, sia pel desiderio di rimediare, nell’atto stesso della trascrizione, a qualche loro trascorso senza espunzioni o cancellature, essendo preoccupati più della bellezza e della regolarità della copia che della fedeltà. E anche questi mutamenti non sono pericolosi, perchè facilmente si riconoscono all’aspetto.

Da diffidare è piuttosto della copia del Boccaccio, perchè era uomo da saper trovare anche per congettura lezioni adatte al contesto, e dove vide di poter correggere o migliorare il suo esemplare, non se n’astenne. Oltre a correggere gli errori manifesti di α, sostituì in XVIII 5 a un pare, che doveva esser preso per parea, un parue; cambiò al § XXIV 4 un uolli, che doveva essere inteso come uogli, in uoglio; aggiunse in principio del § XXX la gentilissima donna, soggetto taciuto secondo tutte le altre tradizioni; accomodò la sintassi nel passo dissi allora questi due sonetti, li quali comincia lo primo (VIII 3); aggiustò a suo modo i versi che gli parvero ipermetri o di cattivo suono (k: che tramortendo douunque può sapoia, To: che tramortendo douunque sapoia; k: che fa li miei spiriti gir parlando, To: che fa li spirti miei andar).