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ORTOGRAFIA CCLXV1I CONSONANTI Continuo. 15. RJ. - KM matcra di fronte a materia come otto sta a tre; S predilige materia (sette contro quattro); To una volta sola inalerà, in poesia (# XIII). D’accordo tutti in XX 7 come forma materia e in XXX 1 entrata della nuova materia. Su otto casi di desiderio o disiderio 8 ha desidero in XV 2, To in tre luoghi di prosa e nell'unico di poesia a XXXVI 5. M legge contraro in XXXVili 6, ma aneli’osso contrario poco innanzi e contraria in XII 6. Tutti e sempre memoria.

16. TJ. - Non è da aver dubbio su specialmente, che è di tutti i codici iu tutti i casi; e così sempre, come anche specie, spettale ecc., si legge in Convivio, St. Carmine, Rubr. Uff. Priori, Capit. 3. Gilio, Cron. fior., Rett2. Ma accetto <jiudicio (K To; iudicio S) invece del iuditio di M, quantuuque anche iu Convivio accanto all1 una desinenza s’abbia l’altra (cfr. Rajna, De v. El., p. clxv). Sempre servigio in tutti i testi (anche in 0); ma in XIX 15 è pur di tutti seruipiale o scrvitiale (cfr. Vat. 8793, n° cclxxxvij, Monte, amici parenti seruiziali), e non c’è ragione d’allontanarsi dai Mss.

17. DJ. - appoia (: gioia, noia. moia). In Dante stesso poia (: piota, troia) nel son. 4 Degno vi fa ’, e rata nella D. C. (cfr. Parodi, La rima ecc. 99; e Kc 70 Lapo Gianni sappoia, 136 Cino mappoio, 190 Cino appoia). Costante ueggio, fuggendo, ecc.

18. NJ. - D’accordo i quattro codici in uengno, tranne un caso dove S legge nengo; tengno dato da tutti iu XII 7, con oscillazione negli altri casi, per allontanamento, è da credersi, dei singoli copisti da n, perchè anche in rima con disdegno M S hanno tengo. Anche in XXII 11 uegnono è conservato solo da S (e dal suo affine V); rimagliano è dato in XIV 14 da To (M remag0 \ /io) e in XXII 2 da M (Ini*. Vili 34 rimango in rima). Cfr. nmn. 37.

19. NTJ. - Sicure baldanza, lamentanti, doctatqa, mancanza, sembianza, speranza, erronea, usanza; ma s’ha incertezza grande in quelle di derivazione latina pel dubbio se l’esito -tia abbia un valore puramente ortografico o si pronunziasse verameute sia ; e sant da distinguere caso da caso; cioè parola da parola, se più dotta o più popolare; e luogo da luogo, se d’intonazione narrativa e piana o dottrinale e solenne. K predilige gli esiti -pia, -tia ; S To invece -za, -pai M sta iu fra due.

20. LJ. - K To uolglicndo ; S M uolendo.

21. CL. - K S M clama (XIX 7, 15, 17 nella frase angelo clama, e così anche Vat2 (To chiama); ma poi tranne che M ha clamasse iu XXIII13, in prosa, in tutti gli altri casi, e sono moltissimi, in prosa e in poesia, si ha chiamare, chiamo, chiamava ccc. M ha anche cotwlttdisse (XXII 7), ma un’altra voltaconchiudissc; K STo sempre conchiudessey~i.