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quale io seguitasse ciò che lo mio segnore m’avea imposto, e feci poi questa ballata, che comincia: Ballata, i’ voi.


Ballata, i’ voi che tu ritrovi Amore,
     e con lui vade a madonna davante,
     sì che la scusa mia, la qual tu cante,
     ragioni poi con lei lo mio segnore.
Tu vai, ballata, sì cortesemente,
     che sanza compagnia
     dovresti avere in tutte parti ardire1;
     ma se tu vuoli andar sicuramente,
     retrova l’Amor pria,
     chè forse non è bon sanza lui gire;
     però che quella che ti dee audire,
     sì com’io credo, è ver di me adirata:
     se tu2 di lui3 non fossi acompagnata,
     leggeramente ti faria disnore.
Con dolze sono, quando se’ con lui,
     comincia este parole,
     appresso che averai chesta pietate:
     «Madonna, quelli che mi manda a vui,
     quando vi piaccia, vole,
     sed elli ha scusa, che la m’intendiate.


il copista che l’introdusse, non penetrò ben addentro nel senso del passo.

1. imposto. Il Casini e il Pass.2 leggono proposto, ma è lezione data soltanto da k e meno opportuna d’imposto: cfr. XII 7, voglio che tu dichi certe parole per rima, e XIII 1, avendo già dette le parole che Amore m’avea imposte a dire.

13. Però che quella ecc. Le edizioni hanno se com’io, ma la lezione dei Mss. (in b è omesso il verso) è sicomio o sicome io. Dato ciò, così mi è parso doversi leggere, e interpungere i tre versi in modo conseguente, e dello stesso parere fu il Todeschini. A me, come a lui, riesce poco credibile, che tanti copisti ponessero «un se in capo del terzo verso, so l’originale non avesse portata che un e», e molto meno che a tutti venisse fatto nel secondo verso di mutare un se come che fosse dato dall’originale in sicome. Il ragionamento procede così più

  1. β in tutte parti auere.
  2. k s e tu. Leggono se tu b (che ha però omesso il verso precedente) M M2 (in Barb manca la ballata) W p A, cioè x (quantuque C Laur. XL 44 abbia Ettu.
  3. β (meno p) da lui.