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II 6 - XXXIV 4 Ond7 io chiamo la Morte, come soave e dolce mio riposo;* 1 e dico: «Vieni a me* con tanto amore, % che sono astioso di chiunque more.

5 E si raccoglie ne li miei sospiri un sono di pietate, che va chiamando Morte tuttavia: a lei si volsor tutti i miei disiri, quando la donna mia io fu giunta da la sna crudelitate; per cho ’l piacere de la sua bieltate, partendo sè da la nostra veduta, divenne spiritai bellezza grande, che per lo cielo spando 15 luco d’amor, che li angeli saluta, e lo intelletto loro alto, sottile face maravigliar, sì v’ò gentile.

In quello giorno nel quale si compiea l’anno cho questa 1 XX* donna era fatta de li cittadini di vita eterna, io mi sedea in 20 parte ne la quale, ricordandomi di lei, disegnava uno angelo sopra certe tavolette; e mentre io lo disegnava, volsi li occhi, c vidi lungo mo uomini a li quali si convenia di faro onore. E riguardavano quello che io facea; e secondo che mo 2 fu detto poi, elli erano stati già alquanto anzi che io 1110 ne 25 accorgesse. Quando li vidi, mi levai, e salutando loro dissi: «Altri era testé meco, però pensava ». Ondo partiti costoro, 3 ritornaimi a la mia opera, cioè del disegnare figuro d’angeli: e facccndo ciò, mi venne uno penserò di diro parolo, quasi per annovaie, e scrivere a costoro li quali erano venuti a me; e 30 dissi allora questo sonetto, lo quale comincia: Era venuta ; lo quale ha due cominciamenti, e però lo dividerò secondo l’uno e secondo l’altro.

Dico che secondo lo primo questo sonetto ha tre parti: no 4 6 8 20. b io disegnano ; k cdi*egnaua (pare cioA cho nenpnr k a vesso io o che, dimenili andò il ne la quale di poco prima, aggiungesse la copula). 27. k ritornai j b ritornatimi (omettendo poco appresso a). 28. b prr annouaU di lei. 20 k ediscriuere.