Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/12

Da Wikisource.

VI

ALL’ILLUSTRE SIG. ABATE PARISE

che andava a predicare in Roma.

Vedrai, Parise, i lidi tiberini
di sculte logge e di gran templi onusti,
albergo giá de’ fortunati Augusti
e de’ guerrieri cavalier latini.

Vedrai cento famosi e peregrini
monumenti de’ secoli vetusti :
le colonne, le terme e i sacri busti
de’ Pompei, degli Scauri e de’ Flamini.

Che se l’aspro involò destin nemico
le reliquie del fòro, ove si spesso
Tullio confuse il reo, salvò l’amico,

d’accusare il destin non t’è permesso,
poiché dei rostri e de lo stile antico
la reliquia miglior vive in te stesso.

VII

Visitando l’autore nel 1783 la penisola di Sirmione.

Salve, penisoletta avventurosa,
che signoreggi il limpido Benaco;
salve, o terra di cui men dilettosa
fu quella un tempo de l’esperio draco.

Spesso del tuo cantor l’ombra famosa
esce ver’sera da un boschetto opaco,
e su la verde riva il fianco posa
per vagheggiar tranquillamente il laco.

Salve, o beata falda, e piena ognora
di quante frutta e quanti fior diversi
suscita il nuovo april, maggio colora.

Salve, o purissim’aere e dolce a bersi,
nel cui liquido seno un resto ancora
sento ondeggiar dei catulliani versi.