Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/153

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Non osin piú le indomite
febbri co gli occhi maceri
destargli in seno un fomite
che lo depredi e laceri.

Lo ricominci a pascere
sodo vigor nestoreo,
e cento volte nascere
ei vegga il crine arboreo.

Io mando un grido altissimo:
— Tu che le sfere domini,
a lieto fin tardissimo
serba il miglior degli uomini.