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XLVIII
CANZONETTA A CLOE <D
Grazie, Ciprigna diva,
che cielo e mondo bei :
son paghi i voti miei ;
chieder di piu non so.
Per te con Tirsi io vidi,
qual presso a giglio rosa,
la ninfa piú vezzosa
che la tua man formò.
Deh, quale io fummi allora
che a lei mi vidi innanti !
o nobili sembianti !
o grazia, o dolce stili
Dipinta in quelle stanze
te, Venere, io scorgea;
ma Cloe, perdona, o dea,
pareami piú gentil.
O bella Cloe, deh! soffri
ch’io spesso a te ne venga,
e che beato ottenga
poterti contemplar.
Ma, lasso me!, giá sorge
dal triste euganeo lido
l’inesorabil grido
che suolmi richiamar.
(i) Cloe, cioè la signora Elisabetta Savioni Parolini, a cui il poeta portava particolare affetto.