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Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/207

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12

Frattanto disdegnose, egre e dolenti
dagli uomini torcean le donne il muso,
chiamandoli vigliacchi e impertinenti,
che avean copiato il lor medesim’uso.

Ma tosto ritrovár mezzi, espedienti
a vendicarsi d’un cotale abuso;
e con roba che al maschio usar non lice,
aggiunsero al tupé fregio e cornice.

’3

E quindi nacque il barbaro costume
di quell’ immenso orribile cufhone,
che degli aerei ricci in sul cacume
l’ambiziosa femmina si pone;
e quindi ancor le variotinte piume,
i fiori di Yinegia e di Lione,
le fettucce, i merletti ed il malanno,
che accrescono il tupé, l’origin hanno.

  • 4


Nel contemplar que’ ciuffi estravaganti
la fantasia poetica si accende,
e d’essere mi par fra gli abitanti
che di Bisanzio la cittá comprende.

Negli usati ciniier veggo i turbanti
che al crin si fanno co le avvolte bende;
e ogni donna che s’offre agli occhi miei,
sembrami la moglier d’un Belierbei.

15

L’Esquilie, l’Aventino ed il Tarpeo
usar soleano tale acconciatura,
ma l’antico tupé sembra un pigmeo,
come un vecchio Iavor ce ne assicura (d,
verso il cimiero, che la moda or feo
di cosi sperticata architettura,
che quanti furon prima indietro lassa
e le iperboli mie vince e sorpassa.

(i) Le antiche statue romane tuttavia esistenti.