Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/220

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4

E giá dal lito opposto il vecchio avaro
con la sua ratta navicella scarca
giú per lo Hutto ristagnante e amaro
verso la donna borbottando varca.

Ella gli conta il solito danaro
ed ei l’accoglie in su la bruna barca,
e nel torbido sen del guado estremo
con le stanche sue braccia affonda il remo.

5

Né, come suol, di vitupèri e d’onte
osa gravarla il burbero nocchiero,
poiché quel ciuffo che le vide in fronte
si sperticato miselo in pensiero.

Forse credella il timido Caronte,
a l’ incomposto orribile cimiero,
qualcuna de l’Eumenidi funeste
che tormentato avesse un nuovo Oreste.

6

Lasciata ornai l’irremeabil onda,
dopo lungo oscurissimo viaggio
ne la felice avventurosa sponda
de l’eliso giardin fece passaggio.

Un’aura soavissima e gioconda
scuote il platano ombroso e l’alto faggio,
il molle acanto, il gelsomino, il croco,
che fan corona vagamente al loco.

7

Poiché a l’uscio frondifero pervenne
che ne la dolce valle apre l’ingresso,
con somma festa ad incontrarla venne
di que’ lieti abitanti un coro istesso;
ma ciascun dubbioso il piè ritenne,
quando madonna fecesi dappresso,
ché un tal cimier si puntaguto e largo
piú non si vide ne l’elisio margo.