Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/223

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16

— Qual coraggio ebbe morte e con qual frezza
di gigantesca tempera costrutta
invadere potè l’alta fortezza
onde restasse esanime e distrutta?
e come in rovinar simile altezza
non si sconvolse la natura tutta?
come star saldi i gangheri del mondo
a lo scroscio fatai di si gran pondo?

17

Certo Sinone un lavorio non fece
maggiore da la cima al piedestallo
quel di che tante legna e si gran pece
costogli l’alto incendiator cavallo,
o, se vedea tal mole, avrebbe invece
un tupé collocato in mezzo al vallo,
che dentro vi capiano interi interi
armati ed armi, fanti e cavalieri.

18

Magno restaurator del cannocchiale,
divin toscano che qui fai dimora,
se al ciuffo d’oggidi specula eguale
aveva un tempo la cittá di Flora,
assiso in punta di muraglia tale
scoperto avresti nuove cose allora,
e veduto con gli occhi a parte a parte
quanto de’ vetri tuoi serbasi a l’arte.

19

E voi romane altissime matrone
che i crini vostri torreggiar faceste,
seco lei non venite al paragone
ché i primi onori mal pretendereste.
Un’immagine morta, un embrione
di pari moda solamente aveste,
ed or si compie ogni embrione, ogn’ombra
in quel tupé che tanto spazio ingombra.