Vai al contenuto

Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/26

Da Wikisource.

XXX IV

PER LA MORTE DI GIUSEPPE II

mentre correa voce che l’Austria fosse per mover guerra alla Porta. Sonetto diretto
al nobil uomo Pietro Zaguri, che era da qualche tempo in Costantinopoli e che
stava per mettersi in viaggio onde ritornare a Venezia.

O scru tator del giovane superbo,
a cui prostrati versano gli eunuchi
ne le patere d’oro i bruni suchi,
né ardiscono mirarlo o scioglier verbo;

dimmi (cosi de’ tuoi nocchieri al nerbo
risponda Eolo propizio e a noi ti adduchi):
sui brevi di Giuseppe anni caduchi
tremò l’aspro garzone o rise acerbo?

Forse tremò, pensando a quella falce
che miete a un colpo sol le annose querci
e il fresco pioppo e l’immaturo salce.

Che vai dunque esser re, se i fati dierci
che ne aspettasse la funerea calce,
il suon del bronzo e il piagnisteo dei cherci ?

XXXV

SULLE GUERRE DEI RUSSI CONTRO I TURCHI

accadute Panno 1770.

Spandea la notte il rugiadoso umore
sui bruni campi, e la triforme diva
con la sua faccia inargentata e viva
fea l’etere seren del suo splendore.

Quando improvviso aquilonar furore
un nembo sollevò che il ciel copriva,
e giá la delia vergine spariva
in mezzo ai fosco e minaccioso orrore.

Allora il tuo destino io rammentai,
trace crudel. La rifulgente luna
quella mi parve de l’odrisio impero.

E il russiano valor, che tutto aduna
sue forze in te, fra i nuvoli mirai
che il vivo raggio tenebroso fòro.