Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/271

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16

Il guerriero Valor siedele a tergo
cinto le chiome del febeo virgulto,
che suole con la spada e con l’usbergo
farsi ragione e vendicar l’insulto.

Mira il tempio votivo e il regio albergo
di pomposi trofei segnato e sculto:

Teresa è un nume che può dirsi in terra
il nume de la pace e de la guerra.

17

O sovra ognun te fortunata assai,
che vivi a l’ombra di si gran rampollo,
lietissima Germania, e spesso vai
baciando il giogo che ti sta sul collo.

I destini d’ Europa io contemplai
lá ne l’antro fatidico d’Apollo:
e il tuo librato su le penne d’oro
folgoreggiò tre volte in mezzo a loro.

18

Sento spirar da manca aura divina,
che il canto mio rinforza e vuol eh’ io parli
de’ tuoi figli a te stessa, o gran reina,
o quaggiú nata a riprodurre i Carli.

Volgi l’augusta faccia e un guardo inchina
al sincero pennel ch’osa ritrarli ;
e ne le varie immagini ch’esprime,
ravvisati di nuovo, alma sublime.

19

Quanto non debbon le provincie e i regni
a l’utile sudor che un di spargesti,
onde trasfonder negli amati pegni
con dolce studio i pregi tuoi celesti !

Tu sembri quella pianta (ah! non si sdegni
la gloria tua dei paragoni agresti)
che da l’ intime fibre il succo emunge,
in sin che i frutti a maturar non giunge.