Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/284

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4

Sente ne l’alma ogni fedel vassallo
accendersi d’onor vaghezza intensa,
e minaccioso ne l’aperto vallo
l’inferocito popolo si addensa;
ma cede alfin de l’opulento Gallo
ai diurni presidi, a l’oste immensa;
e di tanto valor trova in mercede
la benda agli occhi e la catena al piede.

5

Oimè! che valser tante vite e tante
a la patria infelice e prigioniera?

Squallida in viso e lacera al sembiante
piangendo va su la natia riviera.

Il suo bellico eroe volse le piante
ad altro cielo e a region straniera;
poiché vide ineguali al gran contrasto
disarmato coraggio e poter vasto.

6

Ritorcasi la prora e in altra banda
per l’oceano veleggi il nostro legno,
dove fra le capanne e l’umil ghianda
fondò ricchezza un piú beato regno.

Ecco apparir l’industriosa Olanda
de l’europeo commercio alto sostegno.

Su, flagellando a la marina il dorso,
volgiam, mio fido, a quelle spiagge il corso.

7

Quanti placidi abeti e quante navi
nel patrio Sviderzée raccolte io miro!
quelle d’aurate verghe, e queste gravi
del ciprio umor, del saffico zaffiro.

Chi reca a noi gli aroniati soavi,
la perla eoa, la porpora di Tiro;
e chi le spoglie di straniere belve
e i molli odor de le pancaie selve.