Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/292

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8

Lalage appunto disparuta e vizza
ne le assordate camere convulse
ad ogni tratto un centinaio infizza
di scimunite filastrocche insulse;
or contro Febo accendesi di stizza,
e vuol le Muse da l’Italia espulse,
ora di Crusca intrepida ragiona,
e al Boccaccio perfin non la perdona.

9

Apollo è un rancio insipido fantasma,
e il bel sermon linguaggio da pedanti:
ella critica tutto e tutto biasma
quel che le giunge per disgrazia avanti.
Incoronate la moderna Erasma
di cavoli fronzuti e verdeggianti :
arcifanfani voi, che state in crocchio
ad ascoltar l’oracolo capocchio.

10

Dorindo sa, ma contraddir non puote
al caparbio di lei cervel fanatico,
che in un momento s’altera e si scuote
il sistema nervoso ed il linfatico.

E senza perder tempo in queste note
essa prorompe con un tuono enfatico:

— Ghiandaia non son io né pappagallo;
son donna letterata e mai non fallo. —

11

Lalage, o Elisa, a’ tuoi leggiadri carmi
invidia sentirá nel cor maligno,
e benché degni di metalli e marmi,
avranno in premio un ostico sogghigno.
Ma non fia che gli applausi a te risparmi
de 1’ Elicona il piú soave cigno,

Lesbin che lascia involontario a tergo
per l’antenoree mura il patrio albergo.