Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/382

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Sin dal felsineo lido

Si strebbia, si spillacchera, si arriccia

So che a tornar gli afletti

Sol di giovare altrui lieto e contento . .

Solea con alto stil giá farmi udire . . .

Soleva un tempo la maestra Atene . .

Solitario e pensoso allor che il giorno

Sono i voti a* giorni nostri

Son tali i pregi di natura ed arte . . .

Sopra un crescente platano

Sorta è l’alba rugiadosa

Spandea la notte il rugiadoso umore

Spesso a narrare intesi

Squarciato è il velo che per diece e diece

Stamane per vederti

Stavano sotto a un faggio

Su la misera Brescia aspersi il ciglio . ,

Su l’ara d’ Esculapio

Su rottantesim’anno

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A 84

» 98

» 56 » 119 » III

Tacete, o versi miei» 97

Te nel palladio albergo, ove al fiorente» 53

Ti mando per l’amico» 114

Tirsi che fa? Quando l’aurora s’alza a 26

Trascorse Europa con fulmineo brando» 23

Tremola acquetta e verdeggianti zolle» 12

Tu che d’amor nel tenero idioma» 5

Tu che del biondo Apolline» 164

Tu che di Gnido al tempio» 104

Tu che le risa improvvide e lo scoppio» io

Tu che qual chiara e inestinguibil face» 15

Tu cinto d’ immortai lauro febeo» 31

Tu col valor de la peonia fronde» 346

Tu inerti e non vuoi» ivi

Tu mi chiedi quant’è che noi ci amiamo» 72

Tu noi vedi, o signor, però che amore» 11

Tu parti ed io rimagno» 354

Tutto è greco: il dolce sito» 349

Tutto sembra che taccia, eppur non tace» 355

Udito avrai che questi ameni colli» 69

Una fronte schiacciata» 357

Un amico fra gli amici a 341

Una smania indiavolata . * a 359