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LXXII
Per la vestizione in San Benedetto di Padova della nobile signora contessa Anna Maria
Roberti al conte Tiberio Roberti, in nome del signor Pasquale Golini.
Ben io mel so che d’amistade un pegno
mal posso darti, e male il cor s’espriine
libero e franco in meditate rime,
ove amor tace e parla sol l’ingegno.
Eppur, conte gentile, anch’ io men vegno
a salutarti da l’aonie cime,
plaudendo a lei che si veloci imprime
Torme nel calle del celeste regno.
Perché sul volto non poss’ io mostrarle
oggi quel gaudio a chiare note impresso,
che spiego invan co la poetic’arte?
Giá di vederti il lieto giorno è presso,
e quel ch’accennali le vergate carte
dirotti meglio in un soave amplesso.
LXXIII
PER LA PROFESSIONE DELLA MEDESIMA
In nome di Giuseppe Vittorelli padre dell’autore.
Solitario e pensoso allor che il giorno
comincia a rosseggiar su l’orizzonte,
io me ne giá dove il superbo ponte
al torbido Medóaco infrange il corno.
Ivi mirando e contemplando intorno
le rive, il fiume e la pianura e il monte,
dicea con mesta e lagrimosa fronte:
— Anna piú non fará tra voi ritorno. —
Or mentre io siedo con lo sguardo vólto
ai lieti d’Angarano erbosi poggi (*),
uscir di lá queste parole ascolto:
— O bei colli, o felici ozi paterni,
restate in pace. Me vedran quest’oggi
le pianure d’Engaddi e i colli eterni.
(i) Deliziosa villa della famiglia Roberti.