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Così avviene quando si va una volta l’anno et s’ha assai negotii. Trovai là Girolemo Curti qual mi disse havere da V. S. ordine di farli ancor lei il vestito solito farsi dal padre alla sposa. Ma mi disse ancor non haver danari, che era ben vero che V. S. era creditore di buona somma da cotesta comunità, ma che a fare il vestito ci volevano denari. Gli esibii da farli dar io il panno a credenza, ma egli non se ne curò. Io non mi sono mai maritato, nè sapevo che li padri fosser obbligati far questo vestito. So ben che a quattro sorelle maritate da me (senza mio Padre) gli l’ho fatti. Nè credo che V. S. sia per deviare dal obligo suo verso sua figlia, tanto più non havendo sentito da questo matrimonio disturbo alcuno si come credo si havrà molto gusto. Et perchè mi dicono che quando non si fa questo vestito al suo tempo mai più si fa, et che ne nascono poi delli disgusti. Io, per reparare a questo dico: V. S. che gli ho fatto due vestiti da estate colorati, con pensiero di farne uno nero per l’advento che viene da inverno, qual havrei fatto adesso se V. S. tenesse fatto il suo, che con tre vestiti nuovi poteva pur contentarsi.

Però desiderando la comodità di V. S. in ogni cosa e sapendo che ha molto vino da vendere se li par bene mandarmene dodici brente farò io il vestito di tutto ponto aggiungendovi io il resto et così ho detto anco al Signor Hieromino a cui piace il partito. Et questo lo propongo perchè per far io denari ha venduto quasi tutto il mio, havendo speso nell’occasione di questo matrimonio, compresa la dispensa più che due milla lire et dato scudi 200 al Signor Giovanni Maria Curti sì che mi trovo molto alle strette.

S. Gabrio io non voglio se non il suo gusto ne pretenderò mai cosa che non sia più che ragionevole. Vorrei anco che si facesse questo matrimonio con ogni secretezza per fuggir le spese e far presto, havendo necessità che mio nipote assista alla professione dove li massari senza lui non batteranno. In quanto a me sono del parere che il Signor Arciprete faccia privatamente il matrimonio, poi si mettano subito in barca la sposa e madre e vengano al Monastero et per fuggir le visite il giorno seguente vadano a Cappiate facendosi mettere in barca le cose più necessarie per vivere e dormire che da Lecco somministrasi ogni bisogno et faremo li fatti nostri. Nè V. S. si lasci persuadere diversamente che al tempo doggi così s’usa. Al Signor Arciprete manderemo poi le calzette di seta confessandomili obbligato di molto più per le sue fatiche alle quali compirò in ogni sua satisfatione come farò anco per altri. Ma tutto stia tra noi. Non mancherà tempo di compire col Signor Medico e sua consorte quali soni sicuro essere molto affezionati a V. S. et alla sposa. Ma hora in questa necessità di far li fatti nostri et in questa povertà de gente, non si può perder tempo in cerimonie. Nel resto V. S. si conservi et mi tenga per suo servitore».


Lecco li 14 luglio 1651.