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Pagina:Vittorio Adami, Varenna e Monte di Varenna (1927).djvu/334

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secoli xix e xx 325

neri colori, mostrarono il proprio ritratto, vollero in altrui vedere rappresentata la propria viltà e ributtante scostumatezza. Cosa che il confessore potè dire senza mancare al proprio istituto, onora all’ultimo grado il martire, assicurando di aver perdonato ai suoi nemici e d’essersi fatto scrupolo di poter pronunciare un’accusa contro il suo simile.

Nel suo processo ha sicuramente mantenuto quella costanza d’idee che mostrarono i suoi principi nella sua carriera, e che punto non ha smentiti, anzi illustrati colla sua morte. I particolari del suo processo, cui è affatto impossibile di conoscerli, dovendosi in tal proposito interpellare il comando militare e dal quale per nessuna ragione si potrebbero ottenere.

Il tuo L.     


Felice Venosta racconta anche quest’altro episodio.

Saputo il Brenta che la moglie e i figli si erano recati dal Colonnello Pappovich chiedendoli la sua vita disse: «non avrei accettata la grazia da un tedesco, i miei figli mi vendicheranno».

Gabriele Camozzi così scrive del Brenta:

«Questo maestro era in età di 37 anni, alto di statura di lineamenti risentiti e severi, aspro di modi, ma leale e aperto, sapeva farsi amare da chi era in condizione più elevata della sua, e l’obbedivano volentieri i suoi compagni. Senza avere fatto studio possedeva le teorie della guerra d’insurrezione e le applicava all’azione con estremo coraggio e sangue freddo1.

Inflessibile nei disastri, alla ridente fortuna ineducato, egli non vide da giovane ed amò che la propria indipendenza, e da gran tempo aveva compreso che questo suo voto era solidale coi suoi fratelli; ogni sua azione aveva quindi per movente e per meta la cacciata dell’austriaco dalla Patria. Altra politica non conosceva e non curava. La sua memoria passerà ai posteri benedetta».

In una delle tornate del circolo federativo nazionale di Torino, il socio Mazzoldi, letto all’assemblea l’articolo della Concordia che narrava la fucilazione dell’intrepido lombardo Andrea Brenta, proponeva che si iniziasse una colletta presso tutti i circoli e presso il popolo a favore della superstite famiglia del Brenta composta dalla vedova e di nove figli minorenni. La proposta veniva accolta con magnanimi applausi e si nominava una commissione per stendere la relativa circolare.

Il socio segretario Ferrari, nominato relatore della commissione, dava lettura della circolare che veniva votata per acclamazione. Nella

  1. Biblioteca Storica Italiana. Vol. VI. I moti insurrezionali in Lombardia nel 1849. Cenni e documenti di Gabriele Camozzi. Capolago. Tip. Elvetica. 1851. Pel Brenta vedere anche: Antonio Picozzi: Garibaldi e Medici. Ettore Socci: Umili eroi della patria e dell’umanità. Mariano D’Aiala: Vite degli Italiani benemeriti della libertà.