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nuovo signore gli agenti del quale frattanto coglievano ogni pretesto per angariare gli irriducibili vassalli. Questi si misero d’accordo per esporre al Duca nuovamente le loro ragioni che espressero nella seguente lettera del 19 giugno 1497:

«Illustrissimo ed excellentissimo Signore nostro metuendissimo. Nuy siamo ancora novamente admoniti per il nostro pretore in executione di lettere de la V. E. de VI del presente signate B. Calchus in effectu che a la penna de la disgrazia vostra debiamo infra oto o deci giorni mandare da la V. E. persone con facultate et mandato suffitiente ad fare la fidelitate in mano del magnifico D. Gasparo de Sanseverino, overo de li agenti suoi etc. De la qual cosa non poco si dolemo, però che la S. V. zà grande tempo et per molte volte ha veduto et conosuto che la totale volontade et deliberatione nostra è stata et è de non riconoscere may altro Signore che la S. V. et suo primogenito. Et tanto più, perchè quella così ne ha promisso più volte; et maxime da po la morte del quondem conte Pietro del Verme quando facessemo la fidelitate in mane de la S. V. et anche da poy più volte ne ha promisso de dare contracambio al prefato D. Gasparo, como del tuto la S. V. ne debbe havere bono ricordo. Et in veritate, Illustrissimo Signore, ormay li agenti per il prefato magnifico D. Gaspare doverebeno rispetare la Vostra Signoria in non darli più affano nè tedio sopra ciò; et ormai doverebeno essere satii de vindicarsi contra di nuy, havendone fato spendere la vita et mandato provixionati in possessione et fato retenire li agenti et nuntii nostri tanto tempo incarcerati. Et per questo conosemo che ancora non satii di queste fatiche ad nuy date, voriamo procedere più oltra ad esserne signore, per meglio poterse vindicare contra di nuy, che non credemo deba esser mente de la prefata S. V. la quale may non ebbe un solo dispiacere da nui; ymo per essere nuy stati fideli a la caxa sforzesca, havemo venduto le nostre robe et sparso il sangue in servitio de quella. Se persuademo non ne debba abandonare nè refutare per abiecti, avendo nuy il core et volere tuto dedito a li servitii fede et devotione de la S. V. da la quale may non ne poterà partire altro che la morte, per il che con lacrime dolente pregamo la Vostra Illustrssima Signoria che ormai voglia deliberare de riteniro questi homini sforzeschi vostri a l’ombro et governo di quella, et non darni in escha et perditione ad alcuno altro, sia chi si voglia, como è sforzato ad far Dio onnipotente, il quale per la sua divina iustitia è sforzato ad acceptare l’homo, volendo l’homo per il libero arbitrio a luy concesso. Et così se persuademo deba fare la V. S. inmitatore de esso Dio Omnipotente a ciò li concedi longa vita, a la cui E. V. piangendo ne comendamo. Ex terris vestris Ripperie Leuci die 18 junij 1497.

Eiusdem Vestre Dominationis fidelissimi servitores Comunia et homines Mandelli, Bellani et Varene1.

  1. Arch. di St. di Milano, Carteggio generale, c. 577.