Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/102

Da Wikisource.
90 annie vivanti


Nancy sorrise.

— Lei può parlarlo, ma io posso non comprenderlo.

Però lo comprese assai bene.

Egli le disse che slava scrivendo per la «Fortnightly Review» un saggio critico sulle poesie di Nancy, con una traduzione in prosa di alcune delle liriche; e desiderava di chiudere l’articolo con un «aperçu» delle sue mire e dei suoi intenti... Che cosa scriveva adesso?

— Nulla, — fece Nancy con un lieve gesto delle mani, un gesto di inerzia latina che egli trovò grazioso. — Non faccio nulla.

— Peccato! — disse l’inglese. — Intendo questa vostra dolce parola italiana in ambo i suoi significati, di rammarico e di colpa.

Nancy abbassò il capo con aria triste.

— Perchè non lavorate? — domandò severamente lo straniero.

Nancy ripetè il suo piccolo gesto sconfortato.

— Non lo so, — disse. E soggiunse con un sorriso: — Noi italiani parliamo tanto che sperdiamo, dicendole, tutte le belle cose che potremmo scrivere.

Adele, presso la finestra, alzò il capo.

— Che sia perciò, — disse ridendo, — che la nostra letteratura è così noiosa e i nostri Caffè così divertenti?

Nancy rise. E l’inglese, rivolto a lei, disse:

— Ma è possibile che i vostri pensieri, una volta detti, non esistano più?

— Oh, più, più! — disse Nancy. — Volano via, come... oh! come quei fiori diafani e tondi, quasi di piuma, nei prati... Sapete pure! quelli che a soffiarli vi dicono l’ora? Io sempre sapevo l’ora così, quando ero bambina in Inghilterra. Come si chiamano quei fiori?...

— «Dandelions», — disse l’inglese. E gli parve che quella infantile reminiscenza la ravvicinasse assai al suo