Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/200

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188 annie vivanti


Aldo non rispose.

Uscirono. Attraverso la piazza soleggiata veniva, ridendo sotto ai chiari parasoli, un gruppo di donne eleganti, affrettandosi verso il Casino colle chiare gonne rialzate a mostrare i tacchi alti e le calze traforate.

L’aria era tiepida e fragrante.

Scesero a sinistra nei giardini. Davanti a loro — una gigantesca striscia di cobalto — era il mare.

E Anne-Marie, nel suo mantello di broccato bianco, camminava in su e in giù come una piccola Altezza Serenissima, coi brevi riccioli dondolanti sotto l’immenso cappello piumato. Dietro a lei la bonne di Villafranca, con passo rigido, col nastro scozzese ondeggiante al vento, portava in braccio la bambola colle ciglia di veri peli.

VI.

New York.

«Mamma adorata,

Ti manderò questa lettera quando tutto ciò che scrivo in essa non sarà più vero. Se esco viva da questo spaventoso sogno, saprai tutto; se no... Ma certo ne esciremo, ci sveglieremo un giorno da questo incubo fantastico, incredibile.

Poichè, non si muore di miseria, vero, mamma? Non è possibile che si patisca davvero la fame? Quelle sono cose che si sentono a dire; ma non succedono, non possono realmente succedere, vero? «Zu Grunde gehen!» La tetra vecchia frase tedesca mi rulla nella mente come tuono lontano, «Zu Grunde gehen!»