Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/210

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198 annie vivanti


Mamma, mamma mia cara, perchè non si fa mai quello che si vorrebbe? Avrei voluto prenderle le mani e baciarle; e baciarle il dolce viso commosso, e dirle che l’adoravo; e dirle che era mio quel libro di versi; e darle del tu. Hugo Wolff, pazzo e affamato, morto di crepacuore e di miseria, ci spingeva l’una verso l’altra, lo so.

Ma la canzone finì. — Ella si era levata in piedi, ed io non la guardai più. Uscii senza parlare. La lasciai così, ritta accanto al pianoforte, e so che mi guardava...

Nell’anticamera i domestici si inchinarono al mio passaggio come se fossi stata una principessa, e mi aprirono la porta. Io passai davanti a loro piangendo, e scesi, piangendo ancora, la larga scalinata.

Camminai così, senza curarmi di chi mi vedesse; e giunta a Madison Square sedetti su una panca sotto gli alberi.

Qualcuno venne a sedere accanto a me. Era una donna. Sentii i suoi occhi fissarsi lungamente su di me, e mi volsi anch’io a guardarla. Era il volatile occidentale! Subito ne riconobbi, sotto la toque di velluto color turchese, i capelli d’oro e la grossa faccia rosea.

«Come sta, Mrs Doyle?» le dissi.

«Eh!» esclamò, sussultando. «Come fa a conoscermi?» Poi soggiunse guardandomi fissa: «E cos’ha da piangere?»

«Piango per amore di una donna», dissi, «che è stata buona con me.»

«Ce ne sono tante di buone donne,» disse lei. «Anch’io sono buona. Perchè? Cos’ha? Cosa vuole?»

«Voglio che ella venga a parlare con mio marito», dissi, «che da quattro giorni... Venga... Lo conosce... L’ha visto a Montecarlo. Si chiama Aldo Della Rocca».

«Come? Della Rocca? Quell’angelo di napoletano? Quell’Apollo del Belvedere? Ma sicuro che lo conosco! E dov’è? Cosa fa qui?»