Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/220

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208 annie vivanti

degli occhi, e l’ondeggiante sorriso della signora Van Osten, che dal sofà gli faceva segno di avvicinarsi. Il rapido occhio di Aldo vide che era nervosa.

— Oh, conte Della Rocca, buon giorno! — disse, e stese verso di lui la piccola mano affettata, — arriva proprio a tempo per una tazza di thè!

Aldo s’avanzò, passando davanti a quattro o cinque signore e a un vecchio, che sedevano intorno a lei, e si chinò a baciarle la mano. Ah, non doveva essere il segretario? Benissimo. Non era il segretario. Era il conte.

— Ma forse — continuò la giovane signora — a lei non piace il thè? Nel suo bel paese a quest’ora si prende il vermouth, o l’assenzio, non è vero?

Così dicendo gli porgeva una tazza di thè, col capo un po’ indietro e i ricciolini negli occhi.

— Oh, signora! — disse Aldo. — Ma ciò che ricevo qui, da una così bella mano, è nettare!

Tutte le americane sorrisero, approvando.

— Ahi! lusinghe latine, caro conte, — disse la sua ospite; e lo presentò ai suoi amici.

Una o due volte egli notò ch’essa lo guardava, un po’ incerta, un po’ ansiosa, come temendo ciò ch’egli potesse fare o dire. Ma Aldo, memore del carattere privato e politico delle sue mansioni, si guardò bene dal farne parola.

Le signore partirono a una a una, poi partì anche il vecchio signore.

Rimasta sola, la signora Van Osten volse ad Aldo un piccolo viso freddo e duro:

— Perchè siete venuto qui? — disse.

Aldo sentì subito di essere ridiventato il segretario, e si scusò umilmente:

— Non avevo più lavoro, — disse. — Non sapevo cosa fare.