Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/226

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214 annie vivanti


Aldo sentiva di fare una figura da cretino con quella piccola mano fredda sulla sua. Tuttavia continuò:

— Questa è la linea dell’intelletto...

Van Osten pose, come casualmente, una mano sulla spalla di sua moglie, e ve la tenne. Ella lo guardava di sotto in su; e ancora nei suoi occhi riapparve l’espressione di gatto e anche di sorcio.

— Ecco ciò che leggo in questa mano... — continuò Aldo.

Van Osten con lenta mossa sporse una ampia scarpa di vernice:

— E in questo piede, — disse, — che cosa leggete?... Calci? —

Sua moglie diede in una squillante e perlata risatina, e ritirò la sua mano da quella di Aldo.

Anche Aldo rise.

L’unico che parve non trovar molto divertente lo scherzo fu Van Osten stesso.

Qualche giorno più tardi Aldo, nel suo studio, dopo aver copiato quattro colonne di un giornale, si gettò indietro nella sua seggiola e trasse un profondo sospiro. Era irritato e stanco.

Nel calamaio c’era poco inchiostro, e doveva intingere la penna a ogni seconda parola. Si sentiva esasperato e nervoso. La piccola Van Osten gli dava sui nervi. Che cosa significava il suo contegno? Che cosa voleva? Era innamorata di lui... questo era naturale. Nulla di sorprendente in ciò. Ma sorprendente invero era il suo contegno quando erano soli. Non gli parlava affatto e lo guardava con verdi occhi, remoti e agghiacciati, come s’egli fosse un muro o una finestra. Poi s’alzava, e lo lasciava solo.

Dopo quel pranzo in casa Van Osten egli era tornato a casa sua agitato e inquieto. Questa donna, certamente,