Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/228

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216 annie vivanti


Al sesto giorno la piccola era convalescente e Aldo tornò al suo studio nella 66.ma Strada.

Nessuno era stato a domandar di lui, ed il suo lavoro giaceva sullo scrittoio come l’aveva lasciato.

Allora era andato al numero 8, alla casa Van Osten e, aspettando in anticamera, aveva udito la voce acuta e infantile della signora Van Osten che diceva:

— No; io non sono in casa.

Ritraversò la strada, convinto che essa, dietro le cortine, lo guardava e rideva di lui.

Tutte queste cose egli rammentava oggi, intingendo rabbiosamente la penna nel calamaio mezzo vuoto. Poggiò il calamaio in isbieco contro a un libro. Il calamaio cadde e si rovesciò, e fu più vuoto di prima. Aldo pensò di suonare il campanello per domandare dell’inchiostro alla serva; ma poi ricordò che questa, dopo la prima settimana di amabili premure e di sorridente zelo, era diventata assai acida e breve. Aldo quindi rifuggiva dal chiamarla, ed era contento quando non la incontrava per le scale.

Si guardò intorno in cerca d’una bottiglia d’inchiostro. Aprì cassetti e tiratoi. Poi aprì un armadio nel muro. In alto, sopra uno scaffale, ricacciato indietro presso alla parete, vide un pacco di carte che gli parve di riconoscere. Montando su una seggiola tirò giù il pacco e lo guardò. Era il suo lavoro della settimana scorsa: cento ottantadue fogli di nitida scrittura! Cosa facevano lassù?

Stette lungamente a contemplarli, riflettendo. Poi li rimise in cima all’armadio. Era deciso a fare un esperimento. Suonò il campanello e ordinò alla inamabile serva di portare dell’inchiostro.

Avutolo, sedette e continuò la pagina del suo lavoro cominciato. Scrisse:

«Il dibattimento si chiuse colla solita maggioranza per il Governo. La donna è mobile qual piuma al vento.