Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/28

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16 annie vivanti


Poi decise di aggiungervi poche parole... oh! parole di rimprovero, s’intende! Infine, un giorno grigio e uggioso, in cui tutti parevano di cattivo umore, e il béby aveva strillato perchè voleva la Wilson e poi perchè non la voleva, e Edith aveva risposto male, e tutto era orrido e odioso, Valeria prese un foglio di carta da lettere e, con molte fitte di rimorso, vi tracciò sopra il suo nome. La carta era listata di nero. D’un tratto Valeria scoppiò in pianto, e cadde in ginocchio davanti al foglietto di carta, e ne baciò l’orlo nero, e pregò Dio e Tom che la perdonassero.

Poi bruciò il foglio, e andò dalla sua piccina, che gridava a squarciagola per tutto e con tutti, e cercava di uccidere una pecora di guttaperca, fino allora teneramente amata.

Tuttavia, nei primi giorni di aprile (era un aprile mite e suggestionante, che pareva susurrasse al cuore come sia dolce ed evanescente la vita) Mr. Frederick Allen, nelle sue «chambers», a Londra, ricevette due lettere invece di una sola.

Hannah, la petulante cameriera che gliele portò in camera, s’indugiò con aria distratta mentre egli le apriva. L’una conteneva uno chèque per sei ghinee mandatogli da un giornale; l’altra un semplice biglietto da visita:


— Valeria Nina Avory! Chi diavolo sarà? — disse Allen, girando il biglietto tra le mani. — Tieni, — disse, gettandolo con gesto trascurato a Hannah. — Questa sarà qualche modista di Regent Street o Piccadilly. Quando vorrai dei fronzoli, potrai andarci.

E, poichè aveva ricevuto le sei ghinee, mentre non se ne aspettava che quattro, sntendosi di buone umore, pizzicò il