Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/292

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280 annie vivanti


Ritta in mezzo alla stanza, pallida come un lino, immobile, pareva che la musica le avesse tolto la vita, l’avesse mutata in una piccola morta, rigida e statuaria. Ah! ecco la bianca statuetta neoterica che Nancy aveva cercato di fissare nei suoi poemi!

Gli occhi della bimba erano vaghi e fluidi come acqua azzurra versata sotto le sue palpebre. Le sue labbra scolorite erano socchiuse.

Nancy la guardò. Una subitanea immensa tristezza la invase, un senso cupo e dolente, come se qualcuno le avesse posto un grande sasso pesante dentro al cuore. Quella piccola figura smorta, scolorita, trasfigurata, chi era? Era Anne-Marie? Era la sua piccola Anne-Marie? la bambina stordita e sciocchina che ella accarezzava e sgridava e metteva in letto?... la bambina così insensata per l’aritmetica, così ottusa per la geografia?

— Anne-Marie! Anne-Marie! Parlami!... Che cos’hai! che cosa pensi?

Anne-Marie volse la chiarità sognante dei suoi occhi verso la madre. Ma in quei larghi occhi l’anima sua non c’era.

L’anima di Anne-Marie era lontana.

Lo Spirito della Musica era sceso su lei, e l’aveva avvolta nel turbine delle risonanti ali: l’aveva rapita, involata, sommersa nelle favolose onde del Mistico Mare dei Suoni.

XIV.

— Fräulein, non ho più denari. Non posseggo in tutto il vasto mondo neppure la meschina e trascurabile moneta che si chiama un soldo.