Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/300

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288 annie vivanti


E quando ebbe tutto ciò fu contenta; e aspettò che lo Sconosciuto le riscrivesse: «Vieni!»

Ma la lettera non venne. Passò un giorno. E un altro. Ed egli non scrisse.

Passò una settimana. E un’altra. Ed egli non scrisse.

E Nancy era lì, seduta nella sua pensione, coi suoi vestiti, e i suoi cappelli, e le sue «crème des crèmes». Gli interi quattrocento dollari di George, più quindici degli ottanta dollari di Fräulein erano dileguati.

Nancy stava tutto il giorno seduta a guardar dalla finestra, immersa nei suoi pensieri. Cosa doveva fare? Riscrivere allo Sconosciuto? No. Era stata lei a scrivergli per l’ultima. Egli non aveva risposto. Doveva telegrafargli? E per dirgli che cosa? E dove? dove? Forse era già al Transvaal. Già; Nancy sentiva che era al Transvaal. Lo sentiva proprio; quando sentiva una cosa a quel modo, non sbagliava mai.

Dunque era finito. Finito tutto. La graziosa storiella romantica era terminata come doveva, esteticamente, senza il banale scioglimento dell’incontro. Era proprio come Nancy lo aveva desiderato. Sì, sì; Nancy era contentissima che fosse finito così.

E adesso, che ne avverrebbe di lei? Ella si diceva mille volte al giorno che doveva essere stata pazza a prendere in prestito tutti quei denari; a comperarsi quelle insensate vesti, quegli assurdi e ridicoli cappelli! Ed ora, che cosa doveva fare? Un gran terrore la invase: uno spavento indicibile davanti all’esistenza e all’avvenire. E pensò che sarebbe stato meglio, se fosse anche lei nel piccolo cimitero di Nervi, tra sua madre e suo padre, a dormire nel buio, con tranquillo viso rivolto in su, e placide mani congiunte... Sì, sì! Nancy era veramente molto contenta che le cose fossero finite così!