Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/314

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302 annie vivanti

sigarette russe profumate all’eliotropio bianco. Naturalmente, egli non l’aveva creduto.

Dio! Dio! come mai le era venuto in mente di scrivere delle cose così stupide?

E, d’un tratto, Nancy ebbe la chiara percezione che ella non era affatto Quella delle Lettere. Ed egli doveva essere seccato e disilluso.

Ma neanche lui era Quello delle sue lettere; almeno lei se lo era figurato tutto diverso, sottile e biondo, con gli occhi lunghi e sognanti, e l’anima di poeta. Ma poi ricordò che nelle sue lettere egli non aveva mai parlato di sè.

A questo punto egli alzò il capo e disse:

— Mi piace una donna che sa star zitta. Da mezz’ora non avete parlato.

E Nancy rise, contenta.

Quando ebbe finito di fumare il suo sigaro, egli disse:

— Spero che non avrete lasciato del valori in camera vostra. Non sarebbero sicuri.

— No, no, — disse Nancy.

— Li avete dati al bureau?

— No, — disse lei. — No.

E dicendolo, ricordò di avergli scritto che portava dei gioielli su tutta la persona. Una vampa di rossore le salì di nuovo al viso.

Egli non alzò gli occhi.

— Volete darmi il vostro portamonete? — disse. — Ne avrò cura io.

Nancy si disse che se continuava ad arrossire così, le si sarebbero incendiati i capelli! Ma, docilmente, tolse il portamonete di tasca e glielo porse.

Egli l’aprì lentamente e con deliberazione; ne prese i tre soldi e i due franchi che conteneva e se li mise in tasca. Aprì il piccolo scompartimento di mezzo e contemplò il solitario pezzo da venti franchi; poi lo levò e