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i divoratori 325


Marziali note al pianoforte. La testa nera ed energica del pianista segnava a scosse il ritmo. Ed ora Beethoven riconduceva l’arco di Anne-Marie dolcemente, a passi indugianti verso la china soave della prima melodia. E ancora una volta la testa dell’assistente si dimenò, ritmica, sull’«a solo», pel pianoforte. Giù, sul «fa» acuto cadde con attacco deciso e veemente l’arco di Anne-Marie.

— Brava! — gridò a un tratto il Professore. — Fa, mi, sol..., suonali sulla quarta corda!...

Anne-Marie senza smettere fece cenno di sì col capo. Ora le otto note accentuate del pianoforte parevano una fanfara, e furono ripetute da Anne-Marie.

— Questo dev’essere come un suon di tromba, — gridò il Professore.

— Si, sì, mi ricordo, — disse Anne-Marie.

Ed ecco, per la terza volta, ritornare la melodia; Anne-Marie la suonò, piano come un sospiro — pareva suonare in sogno — e fece un gruppetto pianissimo, di una leggerezza così vaporosa, che il Professore si cacciò violentemente le mani in tasca e l’assistente stupefatto volse il capo dal pianoforte e la guardò. Era la fine: le scale ascendenti fluttuarono sempre più lene e lenti... si dileguarono... e le tre ultime note chiamanti, solitarie, caddero come stelle — pure, splendide, lontane.

Per un istante nessuno parlò. Poi il Professore si avvicinò alla bambina.

— Perchè hai detto «mi ricordo» quando io ti ho detto di far le note come uno squillo di tromba?

— Non so, — disse Anne-Marie con quell’aria vaga e trasognata che aveva sempre dopo aver suonato.

— Che cosa intendevi di dire?

— Niente, volevo dire che capivo, — disse la bimba.

Il Professore la guardava con le ciglia aggrottate, e le sue labbra movevano nervosamente.

— Tu hai detto «mi ricordo»! Ed io credo che tu