Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/342

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330 annie vivanti


dava delle lezioni che nessun altro le poteva dare, e dove v’era anche Bemolle che dedicava tutto il suo tempo e tutto il suo talento a lei.

Il Selvaggio ascoltò, con gli occhi fissi su Nancy.

— E allora...?

— Ah, — sospirò Nancy. — E allora...?

— Volete lasciarla qui? — chiese il Selvaggio.

— No, — disse Nancy.

— Volete condurla via?

— No, — disse Nancy.

— E allora...?

Nancy alzò lo sguardo, turbato sotto le alate sopracciglia, sul viso calmo e forte di lui.

— Aiutatemi, — disse.

Egli terminò di fumare il suo sigaro senza parlare. Poi la aiutò. La guardò bene in viso coi suoi chiari occhi sicuri, mentre le parlava. Disse:

— Voi non potete seguire due strade diverse. Avete detto che il vostro Genio è una gigantesca aquila imprigionata che cogli artigli vi dilania il cuore.

— È vero. Ma da poi che vi scrissi, il Genio di Anne-Marie si è lanciato a risonante volo verso la luce.

— Avete detto che i vostri pensieri non espressi erano un dolore, che il vostro lavoro non compiuto vi era uno strazio.

— È vero. Ma debbo io arrestare una viva fontana di musica, perchè i miei muti libri non scritti abbiano vita?

Egli non rispose subito; poi disse:

— Non vi è mai venuto il pensiero che forse la bambina sarebbe più felice, se, invece di essere un genio, non fosse altro che una semplice bambina?

— No, — disse Nancy, — non mi è mai venuto in mente.