Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/40

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28 annie vivanti


— Non ti vergogni? — disse additando drammaticamente le file di fotografie. — Quella vecchia commediante cinquantenne...

— Scusa, — trentottenne! — corresse Antonio, mettendosi a sedere nell'unica poltrona.

— Una marionetta, un'arlecchina, che ogni facchino di piazza può andare a contemplare a piacer suo per cinquanta centesimi! Una donna di cui il marito, piuttosto che starle vicino, è scappato in capo al mondo...

— Scusa, in America, — interpose Antonio.

— ... colla cuoca! — E lo zio Giacomo emise un grugnito d'indignazione.

— Temo infatti che Nunziata faccia una esecrabile cucina, — disse Antonio, inarcando le sopracciglia e sporgendo le labbra per soffiarne il fumo a cerchietti (nella maniera che Phaedra trovava così suggestiva!).

— Insomma, basta così, — disse suo padre. — Sono venuto per dirti che partiamo domani per l'Inghilterra. Régolati.

— Per l'Inghilterra? Domani? Ma cosa dici? — Antonio era scattato in piedi. — Ma tu sei matto, babbo mio! O fai per scherzo?

Come vide che suo padre aveva l'aria poco scherzosa, continuò, agitato:

— Ma cosa ti viene in mente di voler andare in Inghilterra?

Giacomo tentennò l'irta testa arruffata.

— Ho telegrafato avant'ieri; dopo un certo discorso che mi ha tenuto tua cugina Adele...

— Quella viperetta gelosa, — mormorò Antonio.

— ... Sul conto di questa... Signora, — e Giacomo accennò col mento alle inconscie ed arridenti Nunziate Villari. — Ho telegrafato, come dico, a Hertfordshire, dicendo a tua cugina Valeria...