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i divoratori 45


completamente scordato il breve e violento capriccio avuto anni fa per l'altra sua cugina, Adele. Anche la passione — più grave e più duratura — per la Villari, gli era uscita dal cuore e dalla memoria.

Adele? Non esisteva più! La Villari? Era a Milano. E qui, davanti a lui, stava Valeria con la sua testolina bruna e le sue fossette.

— Cuginetta, — diss'egli, col respiro un po' rapido. — Oggi è il primo giorno di maggio. Cosa facciamo in casa? Usciamo!

Valeria ripiegò il suo lavoro, e corse su a prendere il cappello. Passando davanti alla stanza di studio udì delle voci gaie, e spinse l'uscio per guardare. V'erano Nancy ed Edith. La piccina con un foglietto in mano e gli occhi ispirati, leggeva dei versi ad Edith, che si chinava verso di lei.

— «My darlings!» vado fuori con Nino, — disse Valeria. — E tu, Edith, non vuoi venire?

— Oh, no... c'è' troppo vento, — disse Edith. — Sai bene, il vento mi toglie il respiro e mi fa tossire. E poi, Nancy non può stare senza di me.

— Oh, no, no, — disse Nancy poggiando il visetto sorridente alla spalla di Edith. — Non posso stare senza di lei.

Valeria rise mandando un bacio a entrambe; poi uscì nei campi con suo cugino.

... La stanza di studio era attigua al salotto, dove la signora Avory stava a ricamare; e oggi il nonno le sedeva vicino e la guardava. Tacevano entrambi.

Dopo un lungo silenzio il nonno parlò.

— La tosse di Sally peggiora, — disse.

(Le Parche filavano. «Ecco un filo nero», disse l'Una. «Intessilo nella trama», disse l'Altra. E la Terza aguzzò le forbici).