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178 annie vivanti

della tavola dove ho posato il bicchiere. Egli si passa la mano sulla fronte, sui capelli. Ha il viso acceso: certo beverà ancora —

E si accosta barcollando a me, mi cinge con un braccio la vita — coll’altra mano — sì!... sì!.... prende il bicchiere.

E ancora questo rivedo nella mia memoria, chiaro come se vi fosse scolpito con un coltello: quell’uomo alto che mi sta a fianco, che mi tiene stretta a sè — ed alza il calice di champagne alle labbra. Trattengo il respiro. Beverà!

No! Si è arrestato, come impietrito e guarda dentro al bicchiere.

Il suo sguardo è fisso, senza espressione. Guarda in fondo al bicchiere quella sostanza colorata da cui salgono e si svolgono delle lenti spirali di colore, tingendo di rosa vivo il pallido vino ambrato.

Per un tempo che a me sembra un’ora, un’eternità, egli fissa così il fondo del calice, poi quelle sue iridi chiare si volgono lentamente verso di me. Ed è quella l’ultima cosa ch’io vedo.

Nel deliquio in cui piombo e m’affondo porto ancora con me il ricordo di quegli occhi chiari, di quello sguardo fisso — odo vagamente lo scroscio del bicchiere ch’egli getta lontano da sè.... poi sulle mie braccia è la stretta delle sue mani ardenti.... E nulla più.