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vae victis! | 187 |
si che sembrano impacciati quando ci parlano. Certo sono assai meno cordiali d’una volta. Eva, non si sa il perchè, è stata mandata via; già da due settimane si trova a Hastings in casa d’amici. Giorgio, che fa il corso d’allievo ufficiale a Aldershot, viene a casa ogni sabato e resta fino a lunedì. Ma non ci rivolge quasi mai la parola. Lo vedo girellare davanti alla casa o vagare malinconico per il giardino — quel triste giardino tutto sgocciolante di pioggia — sferzando collo scudiscio l’erba molle e le piante sfiorite. Sovente egli si volge a guardar su alla mia finestra, e si direbbe che voglia parlarmi; ma se io al davanzale lo saluto con un cenno del capo, o gli sorrido, egli mi fissa un momento serio serio, e poi s’allontana. Ho come un’idea che sua madre gli abbia vietato di parlare con noi. Un giorno egli aveva chiesto a Luisa e a me di leggere del francese con lui, e ne eravamo assai contente. Ma subito sua madre lo chiamò e gli parlò a lungo. D’allora in poi egli non è più tornato nel nostro salottino.
Chissà! saranno probabilmente stanchi di averci per casa. Non c’è da farsene meraviglia. Siamo delle creature così tristi e dolenti! E poi, abbiamo tutte qualche infermità. Io stessa, se non ingrassassi a questo modo, penserei che