Pagina:Vivanti - Vae Victis, Milano, Quintieri, 1917.djvu/219

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vae victis! 207

triste, invero,» mormorò. «Ed Ella desidera probabilmente che io l’assista ad andarlo a trovare?»

«No!» La parola uscì quasi come un grido dalle labbra della donna, ed improvvise lagrime le soffusero gli occhi, le scesero per le guancie e le caddero sulle mani giunte — quelle povere mani inguantate di nero.

«E allora?...» interrogò il Ministro colla testa ancora più inclinata sull’omero.

Luisa sollevò le nere ciglia e fissò lo sguardo angosciato su quella bella faccia benigna che le stava dinanzi; vide quella fronte blanda e benevola, quelle labbra sottili e strette, e le mani bellissime — il Vicario sapeva di avere le mani bellissime — colla punta delle dieci dita leggermente unite. E Luisa sentì nell’animo la certezza che se avesse domandato a costui pietà, protezione o denaro — tutto ciò le sarebbe accordato. Ma sentì pure che ciò ch’ella stava per implorare da lui avrebbe incontrato una inesorabile ripulsa. Tuttavia non potè, nè volle indietreggiare. Ella ripetè a sè stessa che questo sarebbe stato l’ultimo passo, l’ultimo sforzo che avrebbe tentato per ottenere soccorso. Non era egli il sacerdote, il rappresentante del divino Potere e della divina Pietà?