Pagina:Vivanti - Vae Victis, Milano, Quintieri, 1917.djvu/229

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vae victis! 217

lo sguardo fermo e fisso sulla donna tremante; «dico che perchè voi avete sofferto della nequizia umana, non avete il diritto» — egli levò la mano e la sua voce vibrò sonora ed imperiosa — «non avete il diritto nè di proporvi, nè di spingere altri, a commettere un atto delittuoso.»

Un profondo silenzio regnò nella stanza. L’autorità sacerdotale reggeva il suo potente dominio.

«Un atto delittuoso!» ansò Luisa e si levò in piedi, vacillando. «Ma non sarebbe maggiore delitto spingermi alla morte? O voler forzarmi a dare la vita ad un essere che non può, che non deve vivere? Ah!» gridò con, violenza folle, «ma io mi strapperò gli occhi prima di vederlo, mi lacererò il petto prima di nutrirlo — e con queste mani, se nasce, lo strangolerò!»

Il reverendo Yule, impallidendo, tese le mani.

«Donna, voi bestemmiate!»

«No, no! Non bestemmio,» gridò Luisa. «Pensate... pensate.... che ho un marito...! che m’ama.... che combatte per noi nelle trincee! Che un giorno» — la voce le si spezzò in un singulto — «se il cielo è pietoso — tornerà!» Vi fu un attimo in cui nessuno parlò. «E non basta dovergli dire che la sua bambina è impazzita