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Pagina:Wallace - Ben Hur, 1900.djvu/179

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tellargli le tempie ed arrossirgli le gote. Si inchinò, parte per rispetto, parte per guadagnar tempo. Così facendo vide un gesto di sorpresa dell’individuo seduto, e un tremito che al suo apparire ne scosse la persona. Quando Ben Hur rialzò il capo, questi segni di emozione erano spariti, e l’unico cambiamento del quadro dinanzi a sè era avvenuto nell’atteggiamento della giovinetta, che ora teneva la mano appoggiata leggermente alla spalla del vecchio.

Entrambi lo guardavano attentamente.

— «Se siete Simonide, ed Ebreo» — Ben Hur esitò — «che la pace del Dio di nostro padre Abramo sia con voi e coi vostri.» — Quest’ultima parte era rivolta alla giovine.

— «Io sono Simonide, Ebreo di nascita» — rispose l’altro con voce chiara e sonora. — «Vi contraccambio i saluti e nello stesso tempo vi prego di dirmi con chi ho l’onore di parlare.» —

Ben Hur guardò il suo interlocutore, e invece di una figura umana vide un corpo deforme, sprofondato nei cuscini, coperto d’un mantello di seta scura trapunta; ma su quelle povere carni si ergeva una testa di apparenza regale — la testa ideale d’un uomo di Stato o di un conquistatore — una testa larga alla base e dalla fronte nobile ed ampia, quale Michelangelo avrebbe modellato in una statua di Cesare. Bianchi capelli inanellati gli scendevano sulle tempie accentuando l’intensità dello sguardo di due occhi nerissimi e lucenti. Il volto era scolorito. Le gote gonfie erano poste in maggiore rilievo da profonde rughe. In una parola la testa ed il volto indicavano essere quegli un uomo più atto a muovere il mondo che a lasciarsene smuovere, un uomo capace di sopportare dodici volte le torture che lo avevano ridotto in quello stato, senza lasciarsi sfuggire un lamento e molto meno una confessione; un uomo che rinuncerebbe alla vita ma non mai a un suo proponimento; un uomo invulnerabile tranne nei suoi affetti. A lui Ben Hur stese la mano col palmo rivolto all’insù come offrente pace nel tempo stesso che pace chiedeva.

— «Io sono Giuda, figliuolo di Ithamar, l’ultimo capo della casa di Hur, principe di Gerusalemme.»

La destra del negoziante uscì dal mantello; era una mano lunga e sottile, dalle articolazioni deformate dai tormenti. Essa si schiuse con forza, ma fu quello l’unico segno di sorpresa e d’emozione dato dal vecchio. Con voce calma egli disse: