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mente licenziarlo; come arabo e come sceicco gli era forza dar clamoroso sfogo al suo risentimento e riempir l’aria d’improperii.

Prima ancora che il patriarca avesse vuotato il sacco d’ingiurie di cui era ben fornito, una dozzina di mani aveva afferrati i cavalli pel morso, e la quiete si era ristabilita. Nello stesso istante un nuovo cocchio comparve sulla pista presentando un aspetto diverso dagli altri in quanto che, cocchio, guidatore e corsieri, erano addobbati come nel giorno della gara finale. Per una ragione, che apparirà in seguito, fa d’uopo descrivere alquanto minutamente il nuovo arrivato. Il veicolo apparteneva alla classica e ormai nota categoria di bighe romane: Basse le ruote e unite da una sala larga, su cui poggiava un cassone aperto di dietro. Tale era il modello primitivo delle bighe: il genio artistico dei Greci e di Romani riuscì col tempo a dare al rozzo veicolo quella forma elegante, che raggiunse la sua più perfetta estrinsecazione, nella raffigurazione plastica del cocchio dell’Aurora. I guidatori antichi, non meno accorti ed ambiziosi dei moderni, solevano chiamare il loro più umile attacco una biga ed il più signorile un quadriga; con quest’ultima essi concorrevano alle solennità dei giuochi olimpici e ad altre gare sorte ad imitazione di quelle.

Essi poi preferivano guidare i quattro cavalli allineati di fronte, e per distinguerli solevano chiamare i due immediatamente vicini al timone cavalli da giogo e gli altri cavalli da tiro. Era pure loro avviso che col lasciare la massima libertà d’azione si ottenesse la massima velocità, per cui i finimenti in uso erano d’una notevole semplicità; essi si riducevano infatti ad un collare, ad un tirante che teneva il collare alla cavezza, ed alle redini. Volendo attaccare i cavalli si assicurava un giogo di legno all’estremità del timone mediante cinghie passate entro appositi anelli. I tiranti dei cavalli da giogo venivano assicurati alla sala, quelli degli altri alla sporgenza superiore del telaio. In quanto alle redini esse venivano raccolte da un’anello all’estremità del timone, donde si partivano in forma di ventaglio in modo da terminare al morso di ogni cavallo. Il lettore potrà facilmente rilevare ulteriori particolari in proposito seguendo gl’incidenti che siamo sul punto di narrare.

I primi competitori erano stati accolti in silenzio, ma il nuovo arrivato ebbe maggior fortuna. Il suo avanzarsi verso il podio dal quale noi assistiamo alla scena, fu salu-