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pavimentata di marmo lucente, e illuminata, di giorno, da ampie finestre nelle quali lastre di mica colorate servivano da vetri: alle pareti una serie di cariatidi, rappresentanti giganti in diversi atteggiamenti di dolorosa fatica, portavano una cornice arabescata, sopra la quale spiccava la volta dipinta a vari colori — azzurro, verde, porpora di Siro ed oro. Intorno alla sala correva un divano, coperto di sete indiane e di scialli del Cachemir. Il mobiglio era costituito da alcuni tavoli e sgabelli di foggia Egiziana, grottescamente intagliati.

Noi abbiamo lasciato Simonide, nella sua poltrona, rivolgendo disegni per aiutare il re miracoloso, il cui avvento credeva vicino. Ester dorme. Abbandonando quella tranquilla dimora, attraversiamo il fiume e oltrepassando gli scolpiti leoni a guardia della porta, ed altri innumerevoli atrii e cortili babilonesi, penetriamo nella sala che abbiamo descritta.

Cinque candelieri pendono dal soffitto, attaccati a catene di bronzo, una per ciascun angolo, e il quinto nel mezzo, immense piramidi di luce che illuminano anche i volti degli Atlanti e gli arabeschi del cornicione. Intorno ai tavoli, in piedi, o seduti, o movendo irrequieti da gruppo a gruppo, sono raccolte circa cento persone che dobbiamo esaminare con una certa attenzione.

Sono tutti giovani, alcuni quasi ragazzi, Italiani di nascita, quasi tutti Romani di nazionalità. Parlano l’idioma latino in tutta la sua purezza, e indossano abiti tagliati secondo l’ultima foggia tiberina; cioè tuniche corte di manica e appena scendenti oltre il ginocchio. Sui divani e sopra gli sgabelli giacciono le toghe e le lacernae, di cui si sono spogliati in causa del caldo; alcune di esse listate dell’ambita porpora. Sopra i divani sono distesi anche alcuni corpi addormentati, vinti dal sonno o dai fumi di Bacco.

Il vocìo è alto e continuo, qualche volta interrotto da scoppi di risa, o da un grido di rabbia o di tripudio; ma sopra tutti gli altri suoni prevale lo strepito secco dei dadi o tesserae, d’avorio, agitati nei bossoli e gettati rumorosamente sui tavoli, o delle pedine, hostes, mosse sullo scacchiere.

Di chi è formata la società?

— «Buon Flavio» — dice un giuocatore tenendo sospeso il suo pezzo — «vedi tu quella lucerna là sul divano? è appena uscita dalle mani del sarto, e la fibbia ne è d’oro massiccio.» —