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alberi, che galleggi liberamente dove il vento la sospinge. Costruisci l’isola, e che essa sia finita al tempo della luna piena.»

Poi disse alla regina:

«Rallegrati. Io so tutto, e ho mandato a chiamare Barbec.»

Ne-Ne Hora gli baciò le mani.

— «Tu lo avrai tutto per te sola un anno intiero, e nessuno disturberà i vostri amori.»

Essa gli baciò i piedi; egli la rialzò, le diede un bacio. Le rose tornarono sulle guancie, lo scarlatto alle labbra, il riso al suo cuore.


VI.


Per un anno Ne-Ne-Hofra e Barbec il giardiniere, galleggiarono in balìa degli zefiri sull’azzurro lago di Chemmis. L’isola era una meraviglia, e per un anno, un anno intero, vi dimorarono come in paradiso, non vedendo nessuno. Poi la regina ritornò al palazzo di Menfi.

— «Chi ami tu di più, ora?» chiese il re.

Essa gli baciò la guancia e disse: — «Riprendimi, buon re, io sono risanata.» —

Orete rise, malgrado i suoi centoquattordici anni.

— «Dunque Menofa aveva ragione» — egli disse.

— «Ah, ah! Il rimedio per l’amore è l’amore.» —

— «Così è» — essa rispose.

— «Tutto ad un tratto la sua fronte si corrugò e la sua voce divenne terribile:

— «Io non lo trovai così» — disse.

Essa lo guardò atterrita.

— «Donna rea!» — egli continuò — «La tua offesa ad Orete l’uomo, io perdono; ma la tua offesa ad Orete il re, deve esser punita.» —

Essa gli si postrò ai piedi.

— «Silenzio,» — egli disse: — «Tu sei morta!» —

Egli battè le mani, e una terribile processione sfilò nella stanza, una processione di parachisti, o imbalsamatori, ciascuno con qualche strumento della sua arte disgustosa.

Il re indicò Ne-Ne Hofra.

— «Essa è morta. Fate il vostro dovere.» —

Dopo settantadue giorni, Ne-Ne Hofra, bella come Ator,