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il prezzo che pagai per Rachele, la madre di mia figlia; perchè Rachele non volle diventare mia moglie, se io non fossi diventato ciò che essa era.» —

— «Essa era schiava in perpetuo?» —

— «Sì.» —

Ben Hur misurò la stanza con passi concitati.

— «Io era già ricco» — disse, arrestandosi di un colpo — «ricco pei doni del generoso duumviro; ora mi capita questa fortuna colossale e la mente che l’ha saputa ammassare. Non v’è il dito di Dio in tutto ciò? Consigliami, o Simonide! Aiutami a scoprire il vero. Fa che io diventi degno del mio nome, e se tu sei schiavo nella legge, io sarò tuo servo di fatto. Tu comanda.» —

Il viso di Simonide era raggiante.

— «O figlio del mio morto padrone! Io farò più che aiutarti; io metterò al tuo servizio tutta la forza della mia mente e del mio cuore. Il mio corpo però non giova alla tua causa, ma col cuore e con la mente ti servirò. Lo giuro, per l’altare del nostro Dio! Soltanto creami con nomina formale ciò che fin’ora ho finto di essere.» —

— «Che cosa?» — chiese Ben Hur con sollecitudine.

— «Amministratore dei tuoi beni.» —

— «Lo sei da questo istante, o vuoi lo faccia in iscritto?» —

— «La tua parola basta. Così fece tuo padre. Ed ora siamo intesi.» — Simonide tacque.

— «Lo siamo» — disse Ben Hur.

— «E tu, figlia di Rachele, parla!» — continuò Simonide, sollevando il braccio di lei dalla sua spalla.

Ester, lasciata così sola, rimase confusa un istante; poi andò da Ben Hur, e con tutta la grazia della sua femminilità, disse:

— «Io non sono diversa da mia madre; e poichè essa è.morta, lascia, padrone, che io prenda cura di mio padre.» —

Ben Hur prese la sua mano e la condusse presso la poltrona. — «Sei una buona figliuola» — disse. — «Sia fatta la tua volontà.» —

Essa cinse di nuovo il collo di suo padre e per qualche tempo regnò il silenzio nella stanza.