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moribondi esprimevano la benedizione che le sue labbra non potevano profferire.

Simonide si scosse: — «Dove sono le tue legioni, figlio di Hur?» —

— «Chiedilo ad Hannas; egli potrà risponderti meglio di me.» —

— Che? Infedeli?» —

— «Tutti, tranne questi due.» —

— «Allora tutto è perduto e il buon uomo deve morire!» —

Il volto del negoziante si contrasse nervosamente, e il capo gli ricadde sul petto. Egli aveva compiuto la sua parte nell’opera di Ben Hur, e, come quegli, provava tutta l’angoscia davanti alla ruina del comune edificio.

Due altri uomini seguivano il Nazareno, ciascuno con le sbarre della loro croce.

— «Chi sono questi?» — chiese Ben Hur ai Galilei.

— «Ladri, condannati a morire col Nazareno» — risposero essi.

Poi veniva un personaggio, nei ricchi abbigliamenti di Primo Sacerdote, con la mitra sul capo, circondato dai custodi del Tempio; e dopo di lui, in grappi, venivano i membri del Sinedrio, e un lungo corteo di sacerdoti, in semplici vestaglie bianche, e mantelli variopinti.

— «Il genero di Hannas.» — mormorò Ben Hur.

— «Caifa? L’ho veduto» — rispose Simonide, aggiungendo, dopo una pausa, in cui aveva esaminato l’orgoglioso pontefice. — «Ed ora sono convinto. Con la sicurezza che scaturisce dalla coscienza illuminata, con assoluta certezza — ora so, che Colui che precede gli altri, è ciò che l’iscrizione intorno al suo collo lo proclama — RE DEGLI EBREI. — Un uomo volgare, un impostore, un malfattore non fu mai scortato alla morte da un tale corteo. Perchè guarda! Qui sono le nazioni — Gerusalemme, Israele. Qui è l’efodo, qui l’azzurro mantello con l’orlo d’oro, e gli ornamenti non mai visti in istrada dal giorno che Jaddua andò incontro al Macedone — tutte prove che il Nazareno è Re. O se potessi alzarmi e seguirlo!» —

Ben Hur lo ascoltò meravigliato; e subito Simonide continuò impazientito: — «Parla a Balthasar, ti prego, e andiamo. Ora viene la feccia di Gerusalemme.» —

Allora Ester parlò:

— «Io vedo alcune donne che si avanzano piangendo. Chi sono esse?» —