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CAPITOLO XIV.


Cominciava la terza veglia, ed a Betlemme albeggiava sopra i monti, ad oriente, ma così debolmente, che nella valle era ancora notte. Il guardiano, sul tetto del vecchio Khan, tremando dal freddo, stava ascoltando i primi suoni coi quali la vita, svegliandosi, accoglie il giorno, allorchè una luce si mosse dalla collina verso la casa. Egli la credette una torcia in mano a qualcheduno; dopo un momento la prese per una meteora: lo splendore crebbe, pertanto, finchè divenne una stella. Atterrito egli gridò e condusse tutti quelli ch’erano entro le mura, sul tetto. Il fenomeno, con movimento curioso, continuava ad avvicinarsi; le rupi, gli alberi, e le vie al disotto di esso, splendevano come se rischiarate dalla luce del lampo; subito il suo splendore divenne acciecante.

I più timidi fra gli ammiratori, caddero in ginocchio e pregarono, coi loro visi nascosti; i più arditi, coprendosi gli occhi, s’appiattarono, ed ogni tanto gettavano paurosamente delle occhiate furtive. Dopo un po’, il Khan, tutto all’intorno, era rischiarato da una luce insopportabile pel suo vivo bagliore.

Quelli che si azzardarono a guardare, videro la stella ancora ferma sopra la casa, di fronte alla caverna dove era nato il Bambino.

Nel bel mezzo di questa scena, vennero i tre Re Magi, ed alla porta smontarono dei loro cammelli, e chiesero di entrare. Appena il guardiano ebbe potuto frenare il suo terrore per badare a loro, levò la stanga ed aprì la porta. I cammelli sembravano spettri, alla luce soprannaturale, e, oltre all’aspetto fantastico, v’erano nei visi e nei modi dei tre visitatori una veemenza ed una esaltazione che eccitarono ancor più i timori del guardiano; egli per un po’ non potè rispondere alla domanda che gli venne fatta:

— «Non è questa Betlemme della Giudea?» —

Ma nel frattempo altri vennero, e diedero in vece sua la risposta.

— «No, questo non è che il Khan; la città si trova più in là.» —

— «Non v’è qui un bambino appena nato?» —