Pagina:Walpole - Il castello di Otranto, 1795.djvu/186

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se vere non fossero le cose narrate, ei non le avrebbe dette;” e rivolto a Teodoro, continovò: “in quanto a me, io rispetto, illustre giovine, cotesta franchezza, effetto e contrassegno della vostra nascita, e sebbene mi abbiate offeso, tuttavia devesi ciò perdonare al vostro sangue che ha ribollito arrivando alla sorgente di cui andava in traccia da tanto tempo;” poscia, indirizzandosi a Manfredi, proseguì: “via, signore, se io gli perdono, potete farlo anche voi, tantopiù, non essendo colpa di questo giovine, se lo avete preso per uno spettro.” Tale amaro rimprovero scosse l’intollerante animo di Manfredi, per il che gli rispose con alterigia in tal guisa: “una somiglianza d’apparizione può bene atterrire l’umano spirito; il semplice braccio di un imbelle giovinastro non avrebbe potuto”... “Signore”, interruppe Ippolita, “l’ospite vostro ha bisogno di riposo; non sarebbe meglio lasciarlo in pace?” ed in così dire, porse la mano a Manfredi, e prendendo licenza da