Pagina:Walpole - Il castello di Otranto, 1795.djvu/35

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mano d’Isabella, rimasta semiviva per lo spavento e l’orrore. Essa diè un grido, sprigionò la mano e si slontanò. Manfredi alzossi precipitosamente per trattenerla; ma la luna che risplendeva dall’opposta finestra presentogli alla vista l’elmo fatale che si elevava fino a’ balconi, le di cui piume, scosse da ignota cagione, fluttuavano cigolando in cupo suono. Isabella, preso coraggio dalla circostanza, e niun’altra cosa maggiormente temendo, quanto l’essere da Manfredi inseguita, gridò: “fermatevi, signore...vedete! il cielo stesso si dichiara contro le empie vostre intenzioni:” “Nè il cielo, nè l’inferno avran forza d’opporsi a’ miei disegni,” disse ferocemente Manfredi, avanzandosi per afferrarla. Nel momento medesimo il ritratto del di lui avo, il quale stava appeso alla parete al di sopra della panca dove erano stati assisi, gettò un profondo affannoso sospiro e riprese fiato. Isabella, avendo le spalle voltate al quadro, non vide il movimento della persona dipinta, nè seppe