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In vedetta 183

luttuose e temibili, brillavano quelle Città del Piacere di cui il cinematofonografo e il vecchio della strada, gli avevano rivelato l’esistenza. Luoghi strani che rievocavano la leggendaria Sibari, città dell’arte e della bellezza, arte e bellezza mercenaria; città sterili e meravigliose di animazione e di armonia in cui si recavano tutti gli arricchiti dalla lotta economica, feroce e ignominiosa, che infieriva nell’accecante labirinto di laggiù.

Egli sapeva come fosse feroce una tal lotta e poteva giudicarne da questo solo fatto che quel popolo considerava l’Inghilterra del diciannovesimo secolo come la contrada in cui la vita era stata idilliaca e facile. Egli guardò ancora la regione che aveva sotto gli occhi, tentando di concepire l’enormità del lavoro che si compiva in quella rete inestricabile.

Egli sapeva che Verso il settentrione abitavano gli stovigliai che non fabbricavano soltanto utensili di terra e di porcellana, ma anche degli impianti e prodotti del medesimo genere immaginati dalla chimica più sottile; là vivevano i fabbricanti di statuette di ornamenti per i muri, e di mobili delicati; là ancora vivevano gli autori i quali in un’emulazione febbrile, componevano i loro discorsi, le loro réclames fonogafiche, aggruppando i personaggi e sviluppando i soggetti de’ loro drammi cinematofonografici sempre nuovi e impressionanti. Di là pure partivano come la folgore i messaggi per il mondo intero, le imposture e le menzogne universalmente diffuse dagli spacciatori di notizie e finalmente là si caricavano le macchine telefoniche che erano state sostituite ai giornali di una volta.

Ad occidente, al di là delle rovine del Palazzo del