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voro lasciato su la nave, Melampo la sua zuppa con gli ossi, e Ciuffettino il suo lettuccio. Tutti e tre, durante il giorno, non fecero altro che dei tentativi immani per islogarsi le mascelle. Ciuffettino solo sbadigliò circa milleduecento volte. Figuratevi!
Sull’imbrunire i tre naviganti respirarono un po’. Il sole che aveva picchiato per tante ore, con forza estrema, sul loro cervello, li aveva rincitrulliti; essi bevvero a più riprese, avidamente, nel bigonciolo dell’acqua, ed aspirarono con immenso piacere l’aria fresca della sera.
— Ma seguiteremo un pezzo, mastro Mangiavento? - chiedeva tutto ingrugnito Ciuffettino, che rosicchiava da un’ora un enorme osso di prosciutto. - A dirvi schietto, io mi sono bello e noiato...
— Se ti sei noiato, scendi e vattene! Come vuoi che sappia quando avrà termine il nostro viaggio? Se non so neanche dove si vada!
— Bella vita, proprio, quella del marinaio!
— Non è nè migliore aè peggiore di tante altre.
— Si fatica, si fatica, si rischia tutti i momenti di andare ai pesci... e poi... per ricavare che cosa?
— Taci, monello, non dire eresie. Al mondo tutti coloro che lavorano sono utili, e lo stesso beneficio che recano alla società è il nobile compenso delle loro fatiche. Che sarebbe dell’industria, del commercio, senza noi altri marinari?
— Sa ella qual’è davvero il bel mestiere?..
— Quale?..
— Quello del gran signore... io, per esempio, per quel mestiere li ci avrei una disposizione immensa...
— Bei discorsi! E io che speravo che ti fosse tornata in corpo la voglia di lavorare!.. va’ a fidarti dei figliuoli!..