Pagina:Yambo, Ciuffettino.djvu/36

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Ciuffettino tacque, e alzò gli occhi al cielo.

In quella, eccoti la sora Menica, la moglie del sor Teodoro, con un grosso involto sotto il braccio, e due piatti coperti in mano.

— Guarda, Ciuffettino - disse la buona donna appoggiando la roba su di un banco - questo è la cena del mi’ marito... Digli che non faccia tanto tardi, che non si affatichi troppo, poveromo... Intanto, per aspettarlo gli cucirò du’ camicie... Buonasera, figliuolo... abbi giudizio, sai, non ti allontanare di bottega...

— Ma che! - fece il ragazzo che un gesto da grand’uomo annoiato.

— Sei proprio una vittima! - seguitava Burchiello, sedendosi sul limitare della bottega, e voltando il capo di tratto in tratto verso il banco dove era stata depositata la cena del sor Teodoro. - Quando passo di qui, e ti vedo a tirare il mantice... proprio... mi vien da piangere!

Ciuffettino si sedette accanto all’amico e lo baciò delicatamente su di un occhio.

— Ma il tuo babbo - disse poi, asciugandosi una lacrima - non ti dice mai di lavorare?

— Chè!... mai! Mio padre ha altro pel capo!... C’è la mamma: ma alla mamma non si dà retta. Sarebbe ora di finirla, con questa storia! Perchè, dico io, un povero bambino ha da star delle ore a rovinarsi la salute su i libri, o pure ad affaticarsi in una bottega di falegname o di fabbro? Via... non c’è carità, siamo giusti. I ragazzi non debbono far mai