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A te, Padre immortal, l’alma s’invìa:
     Ma lei ci serba, che a svegliar sì vale
     La nostra mente a tanto vol restìa.


FERDINANDO CAMPEGGI.


I


Elpino, esce il leon fuor delle orrende
     Sue selve, e a monti e valli intorno gira,
     E anelando, e ruggendo il furor spira,
     Che in lui, natura, e più la fame accende.
5Trova al fine un destrier, che il pascol prende
     Sì lontani dal pastor, che appena il mira:
     Tosto l’incalza, e vie più acceso d’ira
     L’ugne interna nel dorso, e al suol lo stende.
Spuma egli, ed urla invano, invan percuote
     10L’aria co’ calci, e si dibatte, e freme
     Ch’ei lo lacera, e squarcia a brano a brano.
Vedi, ’ve libertà trasse l’insano
     Destriero. Elpin, quel giogo, ch’or ti preme,
     Forse a gran danno tuo date si scuote.


II1


Perchè trarmi, Signor, dal sen materno,
     S’esser dovea, qual mi vedesti ingrato?
     Di quant’onor per te fora mai stato,
     Ch’io mi stessi entro il gran pensiero eterno!
5O perchè almen non far, che a pena entrato
     In questa luce io vi restassi scherno
     Di morte, e fosse il mio nome celato
     Colà tra le più cieche ombre d’Averno?
Che non vedresti a te rivolto l’empio
     10Re degli abissi andar dicendo: questi,
     Che uscì dalle tue mani, or’è mia preda.
Ma se fia mai, la tua mercè, ch’io veda
     Dell’armi sue farsi ruina e scempio,
     O quanti avrai d’intorno inni celeste.

  1. A Dio